Charlie Brown
"Solo gli imbecilli non hanno dubbi"
"Ne sei sicuro ?"
"Non ho alcun dubbio!"
(Luciano De Crescenzo)
Malgrado i miei sforzi per restare invisibile, ti sto mostrando chi sono.
È soltanto una delle tante frasi che mi hanno più colpita nel romanzo di Alex Michaelides, La paziente silenziosa (Einaudi 2020, collana super ET, pp. 340), nella classifica dei libri più letti. Un incontro con i protagonisti della vicenda che mi ha entusiasmata come al primo appuntamento amoroso. Una storia attraente, fascinosa, stimolante, che ti cattura sin dalle prime battute e non ti molla fin quando non raggiungi l’uscita del labirinto.
Perché questa storia è un labirinto e, per quanto i labirinti mi fanno salire una certa ansia e un senso di smarrimento claustrofobico, mi è piaciuto perdermi nei sentieri del silenzio, nei meandri più oscuri e torbidi della mente, nei personaggi e nei loro enigmi.
Al centro c’è un omicidio. Alicia Rose Berenson, pittrice di grande fama, è sposata con Gabriel Berenson, noto fotografo di successo. Il loro matrimonio è il matrimonio che tutti sognano, quello delle favole, dei sogni, dell’idillio, ma come tutti i sogni destinato a finire. Alicia viene arrestata perché, nella notte del 25 agosto, fredda il marito con cinque colpi di pistola alla testa. Da quel momento non parlerà più, chiudendosi in un silenzio “mortale” (emblematica è la foto sulla copertina del libro che illustra una donna la cui bocca è cancellata con una pennellata di nero). Non dipingerà neanche più quadri. L’ultimo, prima della fine della sua carriera e prima che venga rinchiusa al Grove Hospital (una struttura psichiatrica), è l’Alcesti, un autoritratto terminato quindici giorni dopo l’uccisione del marito. Alcesti è la protagonista della tragedia greca di Euripide – da qui, il titolo – che si scarifica per salvare il marito Admeto dalla morte.
Il gallerista di Alicia, Jean-Felix Martin, decide di esporre l’opera nonostante il processo in corso a carico della donna e il polverone mediatico che l’assassinio ha suscitato. Tutti sono convinti infatti che la colpevole sia Alicia, c’è chi sussurra persino di trovare il ritratto di Alcesti di cattivo gusto (Alicia si è ritratta nuda di fronte ad una tela bianca, dal suo pennello grondano gocce di sangue e la sua bocca è appena aperta nell’atto di parlare, ma l’espressione è vacua).
Alla mostra assiste anche Theo Faber, uno psicologo che si interessa al caso di Alicia e che cercherà in tutti i modi di farla parlare per scoprire qual è la verità che cela la donna. Theo non è del tutto sicuro che sia stata lei ad uccidere Gabriel, più volte Alicia ha tentato di suicidarsi tagliandosi le vene, e poi c’è il quadro. Quel quadro dice tutto l’opposto di quanto è accaduto.
Theo fa in modo di essere assunto al Grove Hospital e di diventare il medico curante di Alicia. Ci riesce, ma la sua è una sfida titanica: sono passati sei anni dall’omicidio e nessuno degli psicologici è riuscito a far parlare Alicia, fino a che… l’uomo non la convince a far parlare attraverso la sua arte, attraverso i quadri, i disegni. Dipingendo. A poco a poco Alicia ricomincia a parlare ma il quadro che ne verrà fuori (la luce che si scorge all’approssimarsi dell’uscita dal labirinto) sarà dei più sconvolgenti…
La paziente silenziosa è un libro melmoso, ricco di allegorie, spunti e suggestioni che ossessionano il lettore dall’inizio alla fine. Ciò che lascia a bocca aperta non è tanto il finale, che è sicuramente tra i più originali di tutti i thriller che ho letto, ma tutto ciò che fa da contorno alla trama e ai personaggi.
Il silenzio di Alicia affascina (“Ma perché questa donna resta muta?”, Alcesti Euripide), e non in quanto silenzio ma per tutto ciò che dice questo silenzio. Viviamo in un mondo sommerso dal caos, dalla comunicazione, da una valanga di parole, da strilli, urla che, in fin dei conti, non dicono nulla.
Eppure anche il silenzio è una risposta. È una forma di comunicazione non-verbale. (“Colui che ha occhi per vedere e orecchi per sentire deve convincersi che nessun mortale sa mantenere un segreto: se le sue labbra sono serrate parlerà con la punta delle dita, il suo tradirsi trasuderà da ogni poro”. Sigmund Freud, Introduzione alla psicoanalisi – “Il senso della terapia non è parlare. È fornire uno spazio sicuro, un ambiente di contenimento. La maggior parte della comunicazione è non-verbale”. Alex Michaelides, La paziente silenziosa).
Potrei confessarvi che prima di Michaelides ho conosciuto il silenzio sotto altre forme, sotto altre storie, in altre donne, sotto altre percezioni. È una delle trame che mi intriga di più. Alicia è un personaggio che mi ha intrigato e che mi intriga ancora. Non riesco a togliermela dalla testa.
Ma non c’è solo silenzio in questo thriller. C’è dolore, tradimento, amore, passione, gelosia, tragedia, analisi e psicoanalisi.
Attenzione a non scivolare in un esame riduttivo del testo, va letto a fondo (e una volta concluso, consiglio di rileggerlo per meglio assimilarlo e analizzarlo) e con lentezza. Bisogna percorrerle tutte le parole, soffermarsi su ognuna di loro per meglio mettere a fuoco i passaggi fondamentali, sia che riguardino determinate scene, sia che riguardino tratti peculiari del carattere dei personaggi (che non si riducono solo ad Alicia e Theo ma ve ne sono tanti altri), perché, come ogni essere umano, ogni personaggio ha una storia, una vita, una ferita, un amore, un dolore, un ricordo. Un trauma. Sono elementi da non sottovalutare.
Il merito di questo libro è forse quello di puntare l’occhio su aspetti essenziali della vita (e dei sentimenti) di tutti i giorni, a cui non viene dato mai il giusto peso e importanza. È forse questa la ragione del perché ci si sente poi così fragili, impauriti, inascoltati, incompresi, spaventati (“Quanto dolore c’è nel mondo e per non vederlo chiudiamo semplicemente gli occhi. La verità è che abbiamo paura. Abbiamo il terrore gli uni degli altri”, cit. dal libro).
Un romanzo silenzioso, che è entrato nel “caos” della mia estate in un pomeriggio afoso sotto l’ombrellone e sotto la pelle.
E ho bramato e goduto nello scottarmi facendomi bruciare dalle pagine.
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Michel, Pierre e Jacques sono 3 scapoloni che dovranno fare i conti con la più grossa delle responsabilità: diventare genitori.
3 scapoli incalliti che dividono un appartamento a Parigi: Michel (Gabriele Pignotta), Pierre (Giorgio Lupano) e Jacques (Attilio Fontana).
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3 anime libere, 3 eterni Peter Pan, 3 tra le persone più inaffidabili che si possa incontrare per strada. continua a leggere
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Credits: Una tavola tratta da Dylan Dog, Mater Morbi (albo dicembre 2009, n. 280) rieditata ad aprile 2024 da Sergio Bonelli Editore
Sceneggiatura e testi di Roberto Recchioni, disegni di Massimo Carnevale
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Tre minuti di dialogo a sipario ancora chiuso segna l’inizio di Zozòs, commedia imprevedibile e folle che accoglie il pubblico in sala al Teatro Brancaccino.
Poche battute, utili per far immaginare a chi si trova dall’altra parte della tenda rossa che là dietro è avvenuto qualcosa di… sconcio. Ed infatti quando i due protagonisti si palesano agli spettatori si trovano l’uno dietro all’altra con solo un paracadute che nasconde le loro pudende.
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La morte non reca mai con sé nulla di buono, sia che sia accidentale che voluta. E il puzzo diventa ancora più nauseabondo se essa è avvenuta in seguito ad un assassinio. Questo è quanto si assiste nella commedia thriller di Robert Thomas, Otto donne e un mistero. Tutto si svolge nel periodo di Natale, nella casa di Marcel invasa dalla neve.
Costui è il padrone di casa e le vacanze natalizie sono un ottimo pretesto per il ritorno in famiglia della figlia Suzanne (Claudia Campagnola) dal college di Londra, accompagnata dalla madre Gaby (Anna Galiena). Assieme alla famiglia di Marcel, composta da Gaby, Suzanne e Catherine (Mariachiara Di Mitri) vivono anche la suocera di lui, Mamy (Paola Gassmann), la sorella di Gaby, Augustine (Debora Caprioglio), Chanel la governante (Antonella Piccolo) e Louise la cameriera (Giulia Fiume). continua a leggere
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Pirandelliana, la rassegna più amata dell’estate romana, anche quest’anno è tornata ed è pronta a farci compagnia, a farci rilassare, a farci divertire e a farci riflettere. Abbiamo intervistato Marcello Amici, direttore ed ideatore de La Bottega delle Maschere, nonché di questo teatro per le strade, nelle piazze e, se vogliamo, nelle chiese (da vent’anni ormai Pirandelliana si svolge nel cortile della Basilica dei Santi Alessio e Bonifacio sull’Aventino) il quale ci ha svelato non poche curiosità di questa rassegna e delle altre che l’hanno preceduta, inanellando al contempo, una squisita disquisizione sul concetto di teatro, di letteratura e di cultura in generale. continua a leggere