Charlie Brown
"Solo gli imbecilli non hanno dubbi"
"Ne sei sicuro ?"
"Non ho alcun dubbio!"
(Luciano De Crescenzo)
Sto male quando ti vedo.
Sto male quando non ti vedo.
Sto male quando non ti sento
e quando ti sento
la sensazione di star bene dura poco
perché sono un granello di sabbia in mezzo a tanti granelli
che cacci via dai pensieri come cacci via la forfora dai capelli.
Sto male quando sento la tua voce
sto male quando ti inserisci in un discorso
sto male quando ti agganci ad un pensiero
sto male perché sei sogno.
Così, per farla breve
ti dico che sto bene
perché faccio prima a dire che sto bene
invece di spiegarti perché sto male,
il tempo per dirtelo mi manca
e anche se lo avessi
non sarebbe mai abbastanza per dirti quanto mi manchi.
Non devi preoccuparti.
Va tutto bene.
Sì, sto bene.
Tu, però, non ci credere.
(Charlie)
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Indossava un abito di "terra-cotta",
e siamo rimasti, a causa della tempesta battente,
nella nicchia asciutta della carrozza,
anche se il cavallo si era fermato; sì
immobile
ci sedemmo, comodi e al caldo.
Poi l'acquazzone cessò, con mio grande dolore,
e il vetro che prima aveva coperto
le nostre forme
si alzò e lei uscì di corsa
verso la sua porta:
l'avrei baciata se la pioggia
fosse durata un minuto di più.
(Thomas Hardy, 1893)
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Quando ti ho preso le mani
ho capito
come sei giovane.
Le mie dita sono sottili:
si plasmano alle cose
e a lungo ne conservano
l’impronta –
per uno spino sanguinano,
per una piuma tremano
di dolcezza.
Le mie mani son così pallide:
attraversate dalla vita
in ogni senso – come
da lunghe vene
azzurre.
Forse la loro pace
è fra i tenui riccioli
di un bimbo.
Le tue dita sono rudi:
afferrano le cose
per esserne padrone,
non si scalfiscono a nessuna
pietra.
Mani di colore vivo,
che hanno toccato solo
quel che hanno scelto –
mani che sanno scavare
nella ghiaia dei fiumi,
nel fango delle grotte,
per estrarne tesori.
Non tu,
ma le tue mani giovani
dicono alle mie mani,
a me: Come siete
vecchie.
(Antonia Pozzi, Desiderio di cose leggere Salani Editore 2018)
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Non ricordo quando è stato
la prima volta che ti ho incontrato.
Ma ricordo i tuoi occhi
muti
fissi davanti a uno specchio
che non conoscevano parole,
ma solo numeri
e un numero ero
nei tuoi occhi di cielo.
Volevo farti ridere
per il gusto di veder spalancati i tuoi orizzonti sul mondo
due giorni
due ore sole avevo
per poterti abbracciare con gli occhi.
Non sapevo chi eri
cosa facevi durante il giorno
avevi una croce sul collo
ti guardavo e pensavo:
“Questo ragazzo ha un cuore d’oro”
ma non sorride mai;
recitavi il ruolo da adulto
ma non ti stava mica bene sai,
come un vestito da sposo troppo lungo e sformato sulle spalle,
provavo a farti ridere
ma sulla tua bocca neanche la bozza di una risata.
E poi eccola, eccola lì
la virgola che si disegnò all’improvviso sulle labbra
neanche il tempo di accorgermi quanto fosse bella
ché il cielo mi fece scoprire stolta e inadeguata.
Per la prima volta ridesti
e io confusa trovai sollievo e imbarazzo
perché certo e scanzonato pensasti
“Questa è pazza!”.
Non ricordo quando stringesti le mie mani fredde
dita che si posavano nei palmi delle tue mani
fragili e pallide
annusavano il profumo della tua carne
scavavano nei solchi delle linee per rubare colore
e un istante della tua vita.
Un giorno
un’ora sola avevo
per farti sorridere
per vederti ridere.
Chissà se hai mai capito quanto amore nascondevo in quel gesto
un presente restituito al mittente
colmo di scherno.
(Charlie)
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Che bello era sognarti di notte
la testa sul cuscino
la pelle accarezzata dalle lenzuola,
immaginare le tue mani di porcellana accarezzarmi le guance, le labbra, il collo,
molestarmi una spalla.
Avevo freddo
ti sei tolto la giacca
e sotto il bianco latte della luna
mi hai visto la schiena nuda
prendendoti cura delle mie debolezze e delle mie paure.
Non ci siamo detti granché,
non ci siamo detti nulla quella sera
raccontavano ogni cosa le nostre mani, le nostre bocche
sotto un cielo truccato di polvere di stelle
e lucidalabbra rosa luna alle due di notte.
E t'avrei baciato fino all'alba
fino a quando non mi avresti riportata a casa,
non è tra queste pareti, questi corridoi, queste finestre, questi lampadari
che voglio stare
ma vivere nelle tue braccia,
non conosco un posto al mondo migliore di questo
esplode il mio cuore quando poso l'orecchio
e sento esplodere il tuo amore in petto.
Com'era bello baciarti sopra il ponte
lontano dalla luce del lampione
mentre il silenzio defluiva lesto d'in su la corrente del fiume;
ti sgualcivo il colletto della camicia
infilavo una mano e ti toccavo il collo con le dita,
tra una pausa e l'altra tu mi guardavi
e mettevi il mio mondo sottosopra,
tra un bacio e l'altro tu mi toccavi
e ci amavamo più di prima, minuto dopo minuto,
ancora e ancora...
Ce l'avevi anche tu la paura d'amare
ma, in fondo, non mi hai mai detto niente
ti divertivi a scoprire e a immaginare
il mio corpo nudo baciato dalle tue mani di neve
perché il profumo dell'amore era forte.
Eravamo stranieri in terra straniera
e tu la mia dannazione...
Quando hai conosciuto i miei occhi la prima volta
ho capito che mi avevi trovata
ma eri troppo grande per pensare che mi avresti amata,
nei tuoi spazi, nelle tue reticenze, nei tuoi alibi
chissà chi o cosa occupava il primo posto nel tuo sonno
se dietro la scrivania ero già la tua malattia confusa tra i punti all'ordine del giorno.
Nella coltre di velluto nero della notte
ci arrischiamo ad amare,
finalmente posso stringerti
dirti a morsi quello che a parole non riesco a dirti,
mi chiamavi seta aprendomi ai segreti del tuo corpo
le tue mani che mi assaggiavano sulla stoffa dei vestiti,
le tue mani, le tue mani fiordilatte
sono tutto ciò che voglio.
(Charlie)
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Guardavo i suoi occhi,
e facevo l’amore col suo cervello.
Gli accarezzavo il cervello,
e facevo l’amore col suo cuore.
Gli sfioravo il cuore,
e facevo l’amore con le sue mani.
Gli leccavo le mani,
e facevo l’amore con le sue dita.
Gli suggevo le dita,
e facevo l’amore col suo corpo.
Gli toccavo il corpo,
e facevo l’amore con Dio.
E lì,
nell’estasi,
per la prima volta ci incontrammo,
riconoscendoci.
(Charlie)
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