Charlie Brown
"Solo gli imbecilli non hanno dubbi"
"Ne sei sicuro ?"
"Non ho alcun dubbio!"
(Luciano De Crescenzo)
Che senso frustrante di frustrazione!
Ogni sera una scudisciata dietro le spalle…
Chi è?, chiedo in allerta e con rassegnazione,
eccola là: un’altra pena, la spada di Damocle che non mi abbandona.
Mi sono recato in ospedale per farmi curare,
c’era da attendere e dopo che sono entrato mi hanno detto che non c’è più speranza
così ho preso a schiaffi il personale
pugni, spintoni, fino a spaccargli le ossa
non c’è competenza, non c’è ascolto, non ci sono soldi.
Che senso frustrante di frustrazione!
Tutti i giorni dietro a un bancone, a uno sportello, a una scrivania
a contatto con le persone
l’azienda ha operato i tanto temuti tagli e siamo rimasti in cinque
siamo subissati di richieste, turni, incombenze, lamentele, rimproveri
di finanziamenti non ce ne sono, lo stipendio è fermo a mille.
C’ho un senso di frustrazione che non puoi capi’
fidati quando ti dico che non puoi capire,
perché se non lo senti sotto pelle, se non lo vivi tutti i giorni nell’indifferenza
nella povertà, nell’impotenza e nella disperazione
non ha senso parlarne
tu mi metti limiti dove limiti non dovrebbero essercene
censuri la mia libertà di espressione, la mia identità, i miei sogni
offrendoli come merce di scambio senza valore a chi è indegno di prendere il mio posto.
La mia frustrazione è grande e non la puoi capire
devo solo accontentarmi se non posso avere figli,
se non ho una famiglia perché mi hanno abbandonato in mezzo ad una strada,
se non posso amare alla luce del sole perché chi è diverso diventa colpa e vergogna.
Devo leccarmi le ferite da sola
al 112 e al telefono rosa mi hanno detto di stare tranquilla
ma temo per la mia incolumità e per quella dei miei bambini,
la Legge è dalla sua parte a me nessuno m’ascolta
solo perché la genetica ha scelto per me e ha scelto che dovevo nascere donna.
Ho cucito addosso il peso della frustrazione
a scuola, nel gruppo delle chat, con i compagni, in palestra, al catechismo
sono il pupazzo di tutti,
a casa i miei pensano a come fare entrare i soldi e a sperperarli per le vacanze e nelle feste con gli amici,
gli insegnanti non se ne curano,
mia sorella pensa a farsi bella davanti ad uno specchio
e mio fratello a confezionarsi l’ennesima canna.
Sono opulento di frustrazione perché sono precario da anni
dopo esser passato tra milioni di lavori sognavo un matrimonio, una famiglia, l’indipendenza
invece a 55 anni sono ancora a carico dei miei genitori.
Sono un professionista e la mia colpa è la partita IVA
lo Stato rimesta ogni giorno nelle mie tasche
dice pe’ nuove opere, iniziative, benefici, aiuti, solidarietà, fingendosi interessato ai problemi dei cittadini
con una maschera di perbenismo percula le mie responsabilità.
Sono stato nuociuto, truffato, offeso, percosso,
hanno assassinato il mio DNA
ma Dike è solo dei potenti non dei deboli, non è uguale per tutti
pecunia non olet.¹
Ho un senso frustrante di frustrazione,
ogni sera prima di mettermi a letto, e dopo in ogni momento,
quel nerbo è sempre più violento,
picchia con fare sicuro e non sbaglia un colpo,
sai che c’è? Adesso urlo io con tutto il fiato che ho in corpo.
Grido
così me senti
perché è il solo modo per dirti che ci sono anch’io,
che voglio attenzione, che voglio rispetto per il mio dolore,
in fondo non ti chiedo nulla
l’amore e la comprensione non hanno prezzo
ma impara a riconoscerne il valore.
E poco importa se do spettacolo
se sarò un altro pezzo da dare in pasto alla stampa
a fraintendere sono sempre i fraintesi
non sono io l’artefice del costume che diventa esempio.
Che senso frustrante di frustrazione!
Ogni sera una scudisciata dietro le spalle
nun ce sta niente da fa’
tocca porta’ avanti ‘sta baracca.²
Credits: l’illustrazione è di Luciano De Crescenzo, dal libro Luciano De Crescenzo disegnatore, catalogo della mostra al Nilo Museum Shop, Enciclopius Edizioni 2015
¹Pecunia non olet letteralmente «I soldi non puzzano», risposta dell’imperatore romano Vespasiano al figlio Tito che lo rimproverò per una tassa imposta sugli orinatoi, nel gergo comune diventata un’espressione che sta a significare di non fare troppe sottigliezze circa la provenienza del denaro.
² L’elenco delle circostanze nella “filastrocca” non è da considerarsi esaustivo.