Charlie Brown
"Solo gli imbecilli non hanno dubbi"
"Ne sei sicuro ?"
"Non ho alcun dubbio!"
(Luciano De Crescenzo)
Copertina di Raul e Gianluca Cestaro
Se mi chiedete quali sono i temi che mi stanno particolarmente a cuore vi rispondo che uno di questi è il bullismo.
È (anche) di bullismo che si occupa l’albo n. 456 di Dylan Dog, Colui che divora le ombre (testo e sceneggiatura di Alessandro Bilotta, disegni di Corrado Roi) uscito a fine agosto nelle edicole e in fumetteria.
A Cravenroad si presenta un cliente molto particolare per Dylan. Si tratta di un bambino, Timothy Scare, il quale gli chiede di aiutarlo a mandar via il mostro che si nasconde dentro l’armadio della sua cameretta, e che ha ammazzato i suoi genitori. Il mostro non aspetta che il buio della notte per farsi vivo e per uccidere le poche persone care che vogliono bene a Timothy. Quest’ultimo vive in una lussuosa casa con il maggiordomo e frequenta una scuola privata dove è oggetto di sprezzo da parte dei suoi compagni (se “compagni” si possono definire coloro i quali passano le giornate a prendersela con i più fragili).
Inizialmente Dylan è restio a dar credito alle parole (ma sarebbe meglio definirle paure) di Timothy, poi si convince ad aiutarlo, soprattutto quando si rende conto di persona che il bambino è bullizzato. L’occasione si presenta quando va a fargli visita a scuola e lo tira fuori dall’armadietto dove è stato cacciato dentro da questo gruppo di sgallettati.
I problemi da risolvere quindi sono due: quello principale è il mostro chiuso nell’armadio della cameretta che si diverte a spaventare Timothy – ma che non gli fa alcun male – e il secondo sono i mostri che incontra dal vivo tutti i giorni a scuola.
Non starò qui a spoilerare il finale della storia, primo perché non voglio rovinarvi la sorpresa e poi è bene che voi lo leggiate perché le recensioni, per quanto possano essere utili e ben fatte, non rendono mai merito all’opera che si va a recensire. Le emozioni, lo stato d’animo che si prova leggendo un testo, ammirando un’opera d’arte o ascoltando una canzone non sono uguali per tutti, la maniera di percepire e di sentire è diversa da persona a persona. Quel che può fare il recensore è suggerire, e aiutare a cogliere aspetti o dettagli che possono sfuggire all’occhio, alla mente o all’orecchio del destinatario dell’opera. Pertanto…
I temi importanti di questa storia, dicevamo, sono due: i mostri, sempre presenti nell’immaginario dei bambini (chi non ha mai avuto un mostro da sconfiggere sotto il letto o nell’armadio quando era piccolo, oltre ad allietare le proprie giornate con l’amico immaginario?) e il bullismo, che sempre di mostri tratta e quindi, alla fin fine, il tema si riduce ad uno solo: i mostri.
Il genio di Bilotta sta proprio in questo, essere riuscito a tirar fuori una storia che tratta di incubi, tipiche delle avventure di Dylan Dog, con uno sguardo rivolto non solo al lato onirico ma anche al lato reale, e di come di incubi si possa vivere – e conviverci – tutti i giorni. Non è la prima volta che nelle storie “dylaniane” si faccia riferimento alla realtà (gli autori e gli sceneggiatori hanno preso più volte spunto dalle proprie esperienze di vita personale per scrivere le storie) ed anche e soprattutto alla letteratura, però trovo che mai come in questa occasione l’Incubo sia azzeccato.
I disegni di Corrado Roi fanno il resto (mi correggo: fanno molto), riuscendo a catapultare il lettore nell’atmosfera angosciosa, realistica e – all’apparenza – impotente vissuta dal protagonista.
Per chi volesse leggere l’albo consiglio di prestare un occhio all’espressività che viene conferita ai volti dei personaggi volta a comunicare al lettore il sentimento che il soggetto sta provando in quel momento (paura, sgomento, ilarità, aggressività) perché, come dice Bilotta, “i fumetti sono guidati dai personaggi e da chi li disegna”. Guardate, non è facile per un artista (che sia uno scrittore, un disegnatore, uno scultore, un cantante) far capire all’altro lo stato d’animo che si sta provando o quello che sta provando il personaggio in quel preciso momento, è già complicato capirsi tra simili nella vita di tutti i giorni, figuriamoci in una vita parallela (a me piace chiamarla così).
Pertanto, chi ci riesce tanto di cappello.
È stato un albo che mi è piaciuto perché si occupa di uno dei temi tristemente attuali, e poi perché al centro non troviamo un ragazzo adolescente, ma un bambino con i suoi incubi e le sue fragilità (e del suo bisogno di aiuto in un mondo dove gli adulti non danno ascolto ai bambini).
Il messaggio di questa storia è un messaggio molto forte, lanciato soprattutto sul finale dove si scoprirà l’identità di colui che divora le ombre.