Charlie Brown

"Solo gli imbecilli non hanno dubbi"
"Ne sei sicuro ?"
"Non ho alcun dubbio!"
(Luciano De Crescenzo)


Diabolik - Sepolti vivi (albo n. 19 del 1970) e Delirio omicida (albo n. 19 del 1980)



Sepolti vivie Delirio omicida.

Sono due albi “diabolici” rispettivamente del 1970 e 1980. Due storie che mi hanno colpita per le ragioni che qui svelerò.

Partiamo dal primo.

Diabolik e Ginko si ritrovano casualmente in mano ad una banda di balordi decisi a farli fuori. Sempre casualmente Diabolik viene scoperto da questa banda, di cui aveva preso il posto del capo, e fatto prigioniero. L’intento dei balordi è quello di vendicarsi dopo la beffa subita da quest’ultimo, che li aveva chiusi in casa per scappare col bottino del furto. Il grande criminale viene quindi trascinato in un vecchio monastero, malmesso e abbandonato, ma il destino vuole che una sera Ginko si trovi a percorrere in macchina la strada dove esso è situato, e che si fermi per dare un’occhiata dopo aver visto dei bagliori provenire dal negletto convento. Poiché al suo interno erano appostati i balordi di cui sopra, Ginko si ritrova ad essere catturato anche lui e sepolto vivo assieme al suo nemico.

Occorre qui una specifica. Il titolo dell’albo è Sepolti vivi, in realtà la banda criminale non ha intenzione di seppellirli, ma solo di tenerli prigionieri per il tempo necessario a ricattare Eva Kant ed impossessarsi dei tesori di Diabolik, dopodiché sia l’ispettore sia Diabolik verranno uccisi (questo per diritto di cronaca).

I due eterni nemici riescono però a fregare la banda. Alleandosi e unendo le loro forze (la frase è da prendere alla lettera) trovano la maniera e il cunicolo dove fuggire; finalmente, una volta liberi la “tregua” amica terminerà (Diabolik la definisce proprio così) e torneranno ad essere i nemici di sempre.

Fulcro della storia è l’alleanza che “stipulano” Diabolik e Ginko per poter sfuggire alle ire della banda. Il fine dei due è diverso: Diabolik punta a tornare dalla sua donna e ad essere di nuovo libero di agire per altri furti, Ginko per catturare la banda e ripulire Clerville dalla gentaglia come loro.

Seppure gli scopi dei due uomini sono simildiversi (la necessità primaria è quella di tornare liberi, anzitutto), non si può non notare il grande rispetto e la sconfinata stima che Diabolik nutre per il suo più acerrimo nemico (una caratteristica del Re del Terrore che nella maggior parte degli albi viene sottolineata spesso): la prima volta evita che uno dei componenti della banda faccia del male a Ginko (in una vignetta si vede che è pronto per sferrare un pugno in faccia al poliziotto) così, per scongiurare il rischio, allunga una gamba facendolo inciampare. In quest’occasione l’ispettore dirà a Diabolik che avrebbe preferito affrontare il delinquente piuttosto che esser stato difeso da Lui; Diabolik, per tutta risposta, gli confesserà che voleva solo farlo arrabbiare (una scusa più che banale per nascondere la verità che Ginko intuisce).

Il secondo passaggio della storia è caratterizzato dai continui sguardi che i due si lanciano l’un l’altro per studiarsi a vicenda, e capire esattamente cosa l’uno stia pensando dell’altro arrivando ambedue alle conclusioni giuste. Il terzo passaggio – quello che per me sottolinea questo aspetto di stima reciproca e quindi, di fatto, il più bello – è il supporto sia psicologico sia fisico, che criminale e poliziotto si scambiano costantemente, messo in risalto dai disegni del Maestro Flavio Bozzoli e dalle chine di Glauco Coretti. In particolar modo, in una vignetta si vede solo la stretta di mano tra Ginko e Diabolik (la vignetta è eloquente perché la presa è poderosa e nel disegno è ben tratteggiata) quando il primo aiuta il secondo a salire dopo che si è fatto male scivolando a terra.

Ci sarebbe poi un quarto passaggio, quando al termine dell’avventura Ginko e Diabolik tornano liberi, che per alcuni potrebbe non rivestire la stessa rilevanza delle scene della prigionia ma che tuttavia svela, ancora una volta, il lato umano e il senso etico del Criminale. Diabolik osserva Ginko e dice tra sé “La tregua è finita” quasi fosse dispiaciuto che quel legame che li ha resi complici, sebbene per poche ore, si sia spezzato così presto. Da ultimo, al rifugio con Eva non mancherà di nuovo di esternare la sua ammirazione per Ginko stupendosi ad alta voce della tempra del suo nemico.

Il secondo albo, Delirio omicida, ha come anno di pubblicazione il 1980.

Prima scena. Un’umile famiglia raccolta a tavola per l’ora della cena. Perché umile? Perché se le sorelle Giussani vengono ricordate con tanto di onori, magnificenze e squilli di tromba è perché non solo sono riuscite a dar vita ad un personaggio che raccoglie tutt’oggi un grande successo nazionale e internazionale accrescendo ogni giorno il numero dei fan e dei followers, ma soprattutto perché non trascuravano nulla destinando una particolare attenzione ai dettagli.

La famiglia in questione sta cenando con un piatto di polenta che suscita lamentele da parte della figlia e con relativo rimbrotto da parte della madre (“Stai sempre a lamentarti, c’è gente che non ha neanche da mangiare”) quando una banda di teppisti fa irruzione nella casa. Senza alcun motivo, solo per il gusto di divertirsi e seminare il panico, cominciano a spaccare tutto, a tracannare vino, a prendere a schiaffi la padrona di casa e a sparare colpi di pistola per aria. Uno finisce con l’ammazzare il padre che aveva provato a difendere la famiglia avvicinandosi al fucile per puntarlo contro la banda e metterli in fuga. Poi questi ammazzano pure la madre, e alla figlia rimasta ofana spetta una fine non allettante che le autrici lasciano solo immaginare.

Il giorno seguente Eva ascolta in tv una trasmissione in cui un giornalista intervista un sociologo chiedendogli il perché di questa furia omicida da parte di questi teppisti che, da un po’ di tempo, seminano la paura in città con episodi di violenza. Il modus operandi è sempre lo stesso: la violenza, che si manifesta con uccisioni, disordini, stupri. Indirizzata sia a famiglie ricche, sia a famiglie povere.

Eva, alquanto scossa e interessata all’argomento (Diabolik prova a destare la sua attenzione ma poi si scusa vedendola concentrata a seguire il programma), chiede al suo compagno cosa ne pensa, il quale non sa darle una risposta. Intanto la maschera di Valentina Brush è pronta e quella stessa sera Eva entrerà in azione per sostituirsi alla moglie di Guido Brush e scoprire gli allarmi che neutralizzano la cassaforte. Ed è proprio in detta circostanza che Eva si troverà faccia a faccia con questi delinquenti vivendo momenti di puro terrore…

Cos’è che mi ha attratto in queste due storie? Nella prima il grandissimo rispetto che Diabolik e Ginko hanno l’uno nei confronti dell’altro sebbene siano nemici. Nelle storie diabolike sono tante le occasioni che vedono l’Ispettore e il Criminale allearsi per risolvere talvolta dei casi spinosi (tipo intrighi internazionali e altro) e talvolta per aiutarsi a vicenda a farla franca. In ambedue le circostanze nessuno dei due ha mai approfittato della “fortuna” capitatagli sotto mano per far fuori il rivale, anzi. Solo parole di profonda stima e di ammirazione. Un esempio è la vignetta qui sotto dove Diabolik, nei panni di Gerardo, esprime a parole tutto ciò che pensa di Ginko.


Una tavola tratta da La lunga notte (albo n. 26 del 1968)


Nella seconda storia ciò che mi ha colpita è l’attualità del tema: la violenza e tutti i fatti ad essa connessa e generati dalla stessa. Si tenga presente che Delirio omicida è un albo del 1980 (quindi stiamo parlando di 44 anni fa), e stupisce pensare come una storia di tal genere sia così aderente alla realtà dei giorni nostri che sembra scritta per il 2024.

Non spetta a me il compito di elencare i numerosi fatti di cronaca nera da cui veniamo sommersi per 365 giorni all’anno, avvenimenti che hanno come protagonista la violenza in tutte le sue forme: stupri, omicidi, risse, lesioni, minacce, che sembrano esercitati senza motivo per il solo gusto di far parlare di sé e per puro divertimento. Nel fumetto tutto si risolve per il meglio perché – a me scappa un sorriso amaro per il paradosso di quanto sto dicendo – c’è un Criminale che fa Giustizia, purtroppo nella realtà le cose sono un pochino diverse.

Dovrebbe far riflettere anche l’alleanza tra Ginko e Diabolik nell’albo Sepolti vivi considerato che siamo in guerra (al momento c’è una guerra in Occidente e una guerra in Oriente, ma è più corretto dire che anche dove non c’è guerra fisica o materiale c’è guerra mediatica e spirituale). Quella tra Ginko e Diabolik è una battaglia onesta, pulita, fondata sull’equilibrio, sul rispetto e sulla sincerità senza tanti trabocchetti o sotterfugi, la stessa cosa di quanto avviene nello sport che ci insegna come l’avversario non è mai un nemico da abbattere, ma una persona con cui confrontarsi per scoprire lati nascosti di sé e, ove possibile, migliorarsi. La persona che si ha di fronte diventa strumento per correggere i propri errori e, nel contempo, chi ci sta di fronte apprende da noi i suoi di errori per poterli rettificare. In una parola, diventiamo utili l’uno per l’altro.

Se proprio non si può fare a meno della guerra, almeno impariamo a saperci confrontare col prossimo con la giusta misura senza tanti spargimenti di sangue e di vite umane.

Autrice : Carla Iannacone | Categoria : Recensioni